Il furbone alza la testa. Franco mi aveva avvertito che ci sarebbe stato. C’è sempre un furbone, in tutte le rapine.
Franco le sa tutte. Metà della vita in galera e metà in banca. A rapinare ovviamente.
Lui dice che il furbone è la fortuna dei rapinatori. Lo fai cagare sotto subito, lo annienti e tutti gli altri se ne staranno subito buoni. Una volta mi ha pure pestato per farmi capire come si fa. Fai il furbone ha detto e poi mi ha riempito di botte. Per fortuna che non sono bravo a fare il furbone così ne ho prese poche.
Questo qui c’ha un faccia che non mi piace. Mi ricorda un mio professore, quello che mi interrogava solo per ridere. Ridevano tutti in effetti. Questo si trattiene ma lo vedo che sta per ridere. – Ti fembra divertente furbone? Ti fpacco la faccia!
Franco strilla, si fa dare i soldi. Tutti zitti e buoni. Io invece?
Gli pianto la pistola tra le costole. Lui geme, meglio, e finisce a terra. Sbuffa quando il mio stivale lo colpisce allo stomaco. Poi mi guarda e mischia risate a colpi di tosse. Forse è meno furbo di quello che sembrava. Altri due calci e poi gli faccio riprendere fiato. Piangerà. Invece sorride, fa battute, fa il furbone insomma. Franco sta raccogliendo i soldi nei sacchi ma ogni tanto mi lancia uno sguardo. Uno sguardo che significa pestalo. Allora gli dico – Tirati fu furbone!
Si alza. Sta per ridere lo vedo. – Ti faccio ridere? Guarda fotto! In baffo!
Alzo il braccio pronto per un manrovescio con la pistola. Lui non se ne accorge. Calo il braccio verso la testa del furbone ma quello si scansa. Mi prende per il culo? Urlo – Ti ammaffo!
Quello ride. Io punto la pistola e premo il grilletto. Sento Franco che grida – NOOOO!
Negli occhi del furbone c’è il riflesso della pistola. Ha lo sguardo del mio professore. Me lo ricordo. Il professore, quando diceva – Turetta vieni, dicci quale popolazione si oppose all’invasione normanna in Inghilterra -
Io ero contento, tutti erano felici quando mi interrogava – I faffoniprofeffore.
Tutti ridevano. Io anche.
– Le V2, i miffilinazifti…
Tutti ridevano. Io anche.
– La foffa delle Marianne raggiunge…
Tutti ridevano. Io anche.
Fino a quel giorno nel parcheggio della scuola. Con Betta. La invitavo al ballo, ero sicuro, piacevo a tutti. Pensavo.
– Betta vuoi venire al ballo con me?
Lei e le due amiche mi guardavano serie. Niente sorriso.
– Folofe non ci vai già con qualcuno.
Le amiche cominciavano a ridacchiare. Fu la prima volta che dubitai ma fu la sua risposta che mi svegliò – Di ficuro non ci andrò con uno ffigato come te!
Quel pugno procurò a Betta una rinoplastica e a me il riformatorio.
E adesso il furbone che ride. Franco che urla – NO! Io che premo il grilletto.
La verità è che non ho mai sparato a nessuno fino ad ora, anzi non ho mai sparato e basta. Pugni, calci e bastonate sì, tante volte. Il rinculo mi scuote il braccio fino alla spalla e la pistola schizza indietro fino al mio naso. Come in uno specchio la faccia del furbone e il mio naso scompaiono in una poltiglia di sangue. E finalmente smette di ridere.
Tutti urlano, io quasi non ci vedo dal dolore. Ho il naso spappolato, mi deve essere partito anche un dente e infatti sì, è sul pavimento. Recupero la presa sul pezzo “State zitti! Tutti a terra e muti!” mi sento strano “Il primo che fiata si becca una pallottola” molto strano “non voglio sentire nemmeno un… sussurro”
Cazzo. Il silenzio è assoluto, l’unico rumore è il cervello del furbone che gocciola sul pavimento. E la mia voce “Sasso. Missile. Fossa. Professore. Sonno.”
Qualcuno bisbiglia. Certo ho appena ammazzato uno, sono pieno di sangue e giro armato dicendo parole a caso con una pistola in mano. Hanno paura, il furbone è servito alla fine.
Cammino fino alle casse, prendo la borsa coi soldi lasciata a terra, non ho fretta, Franco è scappato ma le chiavi della macchina le ho io.
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