La pen­na

Ammet­to che non è un rac­con­to par­ti­co­lar­men­te riu­sci­to, trop­po auto­re­fe­ren­zia­le, pen­so però che sia comun­que divertente.
scrivere

La pen­na

di Fede­ri­co Maiorini

L’alba comin­cia­va a schia­ri­re la stan­za, se ne sta­va a gam­be incro­cia­te sul diva­no da ore, il qua­der­no in una mano e una pen­na nell’altra. Lo sguar­do fis­so sui qua­dret­ti vuo­ti del foglio. Ogni tan­to la pun­ta del­la pen­na toc­ca­va il foglio, trac­cia­va l’abbozzo di una let­te­ra, un pez­zo di A, un fram­men­to di ova­le di una O o for­se di una U. Sape­va bene cosa avreb­be dovu­to fare, solo che non ave­va idea di come far­la. Quan­do gli ave­va­no asse­gna­to l’esercizio di quel­la set­ti­ma­na si era sen­ti­to tran­quil­lo, far par­la­re un ogget­to – che ci vuo­le? – ave­va pen­sa­to. E in effet­ti le idee non era­no man­ca­te, un eser­ci­to di gor­mi­ti che asse­dia il giga­no­to­sau­ro in sca­la, l’urna del­la non­na che da con­si­gli sen­ti­men­ta­li, un astro­na­ve bipo­la­re e il suo pilo­ta. Però tut­to quel­lo che gli veni­va in men­te si evol­ve­va in una sto­ria sen­za mor­den­te, bana­le o addi­rit­tu­ra già scrit­ta. Così un’ora dopo l’altra ave­va riem­pi­to pagi­ne di sca­ra­boc­chi, can­cel­la­zio­ni, pure qual­che inci­pit nien­te male ma di nes­su­na sto­ria, nean­che abboz­za­ta, c’era traccia.
– Basta. Rinuncio.
Sta­va per chiu­de­re la pen­na quan­do quel­la fece un rumo­re leg­ge­ro, una spe­cie di pic­co­lo col­po di tos­se. Uno schiz­zet­to di inchio­stro mac­chiò il foglio.
– Ecco, si è pure rot­ta la pen­na – rivol­to a se stes­so – inu­ti­le con­ti­nua­re a sforzarsi
Una voce acu­ta, sot­ti­le come un cor­si­vo – E io che fac­cio adesso?
Sgra­nò gli occhi.
Di nuo­vo la voce – Sì, io? Tut­to quell’inchiostro che ho spu­ta­to, mi sono con­su­ma­ta l’unica pal­la che ho per far­ti sfogare.
Fis­sò la pen­na nel­la sua mano, quel­la tos­sì di nuo­vo e un’altra mac­chio­li­na di inchio­stro si depo­si­tò sul­la pagina
– Visto? Mi sono pure amma­la­ta per col­pa tua.
– Col­pa mia? Ma che…
La pen­na lo inter­rup­pe – Sì, col­pa tua. Cosa cre­di che mi abbia fat­to bene pas­sa­re tut­to quel tem­po dimen­ti­ca­ta in mac­chi­na? Il gior­no è un for­no e la not­te si gela, guar­da mi è pure esplo­so il serbatoio.
Spin­se col pol­li­ce il bot­to­ne in cima alla pen­na – Non sto bene, per nien­te bene.
– Ehi imbe­cil­le! Ria­pri­mi subi­to e met­ti­ti a scrivere!
Ria­prì la penna.
– Così va meglio. Adesso…
– Sta zit­ta! Tu non dovre­sti parlare.
– E tu avre­sti dovu­to scri­ve­re inve­ce di caz­zeg­gia­re con la playstation.
Strin­se la pen­na – Ma tu che ne sai? Ave­vo biso­gno di rilas­sar­mi, di tro­va­re il giu­sto umore.
La risa­ta del­la pen­na rima­se nell’aria come pun­ti di sospen­sio­ne – Ma chi ti cre­di di esse­re? Heming­way? L’avessi let­to almeno…
– Non offendere.
– E tu non strin­ge­re trop­po, ti ricor­do che ho il ser­ba­to­io rot­to e se mac­chi il diva­no tua moglie ti scuoia.
– Scu­sa – impu­gno la pen­na cor­ret­ta­men­te – hai ragio­ne, mi rimet­to a scrivere
– Cosa? – Chie­se la penna
– Cosa cosa?
– Cosa scriverai?
– Non lo so, qualcosa
– Qual­co­sa cosa?
– Oddio! Ma che ne so! Non mi assillare!
‑Shh! Guar­da che sve­gli tut­to il palaz­zo così.
Posò la pen­na tra le pagi­ne del mole­ski­ne – non lo so. Pen­sa­vo che fos­se più faci­le, che ci vuo­le a far par­la­re una cosa. Alla fine non è nem­me­no tan­to stra­no, la gen­te par­la di con­ti­nuo con gli ogget­ti. La mac­chi­na, il com­pu­ter, il cuscino…
– La pen­na – dis­se la penna
– Eh?
– Tu stai par­lan­do con una penna.
– Giusto.
– Allora?
Ripre­se la pen­na in mano – Un rac­con­to con una pen­na par­lan­te? – e la rimi­se nel qua­der­no – No, non mi piace
– Per­ché? E’ per­fet­to non ti pare.
– No e poi sono stan­co, non mi va più di scrivere
– Non ti è mai anda­to vero?
Non ebbe il corag­gio di rispondere
– Dai lo sap­pia­mo tut­ti e due che mi hai com­pra­to solo per sca­ra­boc­chia­re, è l’unica cosa che sai fare con una penna
– Non è vero
– E’ vero. Non sai scri­ve­re, non con una pen­na alme­no. Non sei mai sta­to capace.
– Io…ci ho provato
– Beh lascia per­de­re allo­ra. Chiudimi.
Chiu­se la penna.
– Pro­va a scri­ver­la la sto­ria, solo non con me, usa il com­pu­ter. Non inflig­gia­mo al mon­do l’orrida visio­ne del­la tua calligrafia.
– Ehi non offendere.
– Sono una pen­na par­lan­te pos­so dire quel­lo che mi pare come mi pare.
– In effet­ti. Farò come dici. Ci provo.
– Ok
Dis­se – E scusami.
– Per cosa?
– Lo sai, la mac­chi­na, il ser­ba­to­io esploso.
– Oh quel­lo? La mac­chi­na era ter­ri­bi­le ma non ti pre­oc­cu­pa­re del ser­ba­to­io, in real­tà è un difet­to di fabbrica.
– Ah…vuoi tor­na­re nel portapenne?
– Sì gra­zie, solo potre­sti met­ter­mi con la pun­ta in alto: potrei ave­re del­le per­di­te e sareb­be imbarazzante.

One Comment

  1. Giovanna
    Maggio 29, 2012
    Reply

    La sto­ria del­la pen­na e’ dav­ve­ro fan­ta­sio­sa, per me e’ bellissima

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