L’ul­ti­mo gelato

Non ricor­do bene come noi tre arri­vam­mo all’appartamento. Suc­ces­se un paio di set­ti­ma­ne fa. Vaga­va­mo col gom­mo­ne tra i palaz­zi semi som­mer­si, il moto­re elet­tri­co fun­zio­na­va alla gran­de e i pan­nel­li che Ito ave­va mon­ta­to sul ten­da­li­no era­no suf­fi­cien­ti anche per cari­ca­re le bat­te­rie di riser­va. Ogni tan­to ci fer­ma­va­mo e attrac­ca­va­mo ad un tet­to. Lisa era l’unica che aves­se un po’ di espe­rien­za con le immer­sio­ni quin­di era sem­pre lei ad anda­re sot­to, in apnea, a dare un’occhiata agli ulti­mi pia­ni som­mer­si. Io e Ito sac­cheg­gia­va­mo quel­li anco­ra fuo­ri dall’acqua.
E’ incre­di­bi­le la quan­ti­tà di cose stra­ne che si pos­so­no tro­va­re nel­le case abban­do­na­te ma per la mag­gior par­te si trat­ta di con­ser­ve e cibi in sca­to­la che la gen­te ave­va accu­mu­la­to. Pri­ma. Pri­ma che l’acqua salisse.
Non fu una cosa rapi­da ma nem­me­no len­ta. La calot­ta arti­ca scom­par­ve in autun­no, poi toc­cò alla Groen­lan­dia e l’anno dopo l’Antartide era col­ti­va­bi­le. Dis­se­ro che era col­pa dei ven­ti che dai tro­pi­ci anda­va­no drit­ti a sud.
Io non ci ho mai capi­to nien­te di que­ste cose, Lisa dice che è col­pa del gover­no che ha cam­bia­to il cli­ma con le scie chi­mi­che. A me sem­bra un po’ una caz­za­ta ma quan­do la rac­con­ta annui­sco e le do ragio­ne, se si offen­de nien­te ses­so per alme­no una set­ti­ma­na. Anche Ito lo fa. Per la stes­sa ragione.
L’acqua si alzò e la gen­te se ne andò dal­la cit­tà. Qual­cu­no riu­scì a pia­ni­fi­ca­re le cose, a por­ta­re via tut­to quel­lo che ave­va di pre­zio­so ma la mag­gior par­te no. Qua­si tut­ti non pen­sa­ro­no che la cosa fos­se gra­ve, fino a quan­do al posto del­le auto si comin­cia­ro­no ad usa­re i gommoni.
Quan­do l’acqua arri­vò ai pia­ni alti la cit­tà era ormai qua­si deser­ta, rima­ne­va­mo solo noi scia­cal­li. E’ da un paio d’anni che vivia­mo così. Ci spo­stia­mo da un palaz­zo all’altro rac­co­glien­do quel­lo che tro­via­mo e lo ven­dia­mo al mer­ca­to ai pie­di dei monti.
Ogni tan­to ci fer­mia­mo un po’ più a lun­go se tro­via­mo del­le riser­ve di cibo o del mate­ria­le lun­go da smon­ta­re. Una vol­ta ci sia­mo fer­ma­ti una set­ti­ma­na nel­la qua­le Ito ha smon­ta­to i pan­nel­li sola­ri da un tet­to e li ha mes­si sul nostro gom­mo­ne. Un’altra vol­ta abbia­mo tro­va­to un super­mer­ca­to, ci sono volu­ti quat­tro gior­ni per tira­re fuo­ri tut­te le scatolette.
Un paio di set­ti­ma­ne fa tro­vam­mo una cosa stra­na. Attrac­cam­mo ad una vec­chia palaz­zi­na. Gli ulti­mi due pia­ni era­no fuo­ri dall’acqua e, una vol­ta rimos­si i para­pet­ti arrug­gi­ni­ti, i bal­co­ni sem­bra­va­no un buon posto per pescare.
Men­tre Ito e Lisa si occu­pa­va­no di strap­pa­re via i para­pet­ti io entrai ad esplo­ra­re il pri­mo appar­ta­men­to. Ricor­do che urlai chia­man­do i miei ami­ci e lo loro sguar­do avi­do che ave­va­no quan­do entra­ro­no. Pro­ba­bil­men­te ave­vo lo stes­so sguar­do. La casa dove­va esse­re sta­ta ristrut­tu­ra­ta poco pri­ma di esse­re abban­do­na­ta, qual­che ric­co­ne otti­mi­sta. Tele­vi­so­re, ste­reo, qual­che com­pu­ter e una sac­co di cibo in sca­to­la di qua­li­tà. C’era roba da ven­de­re suf­fi­cien­te a far­ci com­pra­re un gom­mo­ne più gran­de e for­se anche per un per­mes­so di resi­den­za sta­bi­le sul­le colline.
Ito salì imme­dia­ta­men­te sul tet­to e innal­zò la nostra ban­die­ra così gli altri scia­cal­li avreb­be­ro sapu­to che il posto era già occu­pa­to. Quan­do sce­se io e Lisa sta­va­mo già festeg­gian­do ma l’occasione era dav­ve­ro spe­cia­le quin­di pro­se­guim­mo la festa tut­ti e tre insieme.
La mat­ti­na dopo mi sve­gliai inquie­to, ave­vo dor­mi­to male. Qual­co­sa ave­va distur­ba­to il mio son­no. Ci misi un po’ a capi­re, sem­bra­va il ron­zio di un pic­co­lo moto­re elet­tri­co. Un rumo­re lie­vis­si­mo in real­tà e se non ci aves­si dor­mi­to pra­ti­ca­men­te sopra non me ne sarei mai accorto.
Sve­gliai Ito e Lisa e li feci scen­de­re dal diva­no dove ave­va­mo dor­mi­to. Tol­si i cusci­ni e…sorpresa! Mi ricor­da­vo che a casa mia ave­vo un diva­no let­to, ma un diva­no fri­go non l’avevo anco­ra visto. I cusci­ni nascon­de­va­no una spe­cie di con­ge­la­to­re. La cor­ren­te elet­tri­ca dove­va arri­va­re da una di quel­le linee spe­cia­li che i ric­co­ni si face­va­no instal­la­re pri­ma che arri­vas­se l’acqua.
Lo aprim­mo. Era ovvio che non potes­se con­te­ne­re cibo di valo­re. Chi met­te­reb­be la car­ne in salot­to? Ma non era­va­mo pre­pa­ra­ti a quel­lo che tro­vam­mo. Cre­do che pas­sa­ro­no alme­no cin­que minu­ti di silen­zio pri­ma che Lisa pren­des­se l’iniziativa e chiu­des­se il frigo.
Oggi il fri­go è ormai vuo­to, le prov­vi­ste e la roba ven­di­bi­le sono sul gom­mo­ne e noi tre sia­mo sedu­ti qui sul bal­co­ne a guar­da­re il sole che sor­ge dal mare, tra i palaz­zi, e a divi­der­ci quel­lo che rima­ne del con­te­nu­to del frigo.
Sedu­ti sul bal­co­ne. Con i pie­di in acqua. Gustan­do l’ultimo gela­to del­la nostra vita.

One Comment

  1. Febbraio 16, 2014
    Reply

    Bel­lo e ina­spet­ta­to. Come al solito!

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