Dagli audio appunti di Alessandro Urbani, restauratore edilizio.
4 gennaio
Sto restaurando una serie di appartamenti sul litorale,
risalgono a prima del salvataggio dei Gloop.
Oggi ho trovato una matita. Ho scritto la parola “matita” su una mattonella prima di sbriciolarla.
6 gennaio
Oggi ho scritto un’altra parola.
Non mi sembra che la mia mente vada in pezzi.
7 gennaio
Forse Mario aveva ragione: i Gloop nascondono qualcosa.
Ho trovato uno strano libro in un’intercapedine, è come i libri dei Gloop ma le pagine sono quasi bianche, hanno solo degli esili quadretti grigi.
Mi è tornato in mente qualcosa di quando ero piccolo e ho scritto. Ho scritto tutti i nomi delle cose che vedevo: casa, parete, cemento, mattonella. Tutto.
Ho scritto così tanto, quasi una pagina intera, che ero sicuro che sarei impazzito. Non è successo.
Mario aveva ragione.
8 gennaio
Ero piccolo, ancora un bambino, quando i Gloop ci salvarono.
Arrivarono dal cielo con le loro navi d’oro a forma di sigaro, spensero gli incendi, curarono i feriti e riuscirono anche a ripulire dalla radiazioni la maggior parte delle città.
Ci salvarono.
Dissero che la guerra era stata inevitabile, che la nostra mente era stata infettata da un meme, un’idea infettiva e nociva. Loro conoscevano bene questa idea e avevano già visto altre due civiltà autodistruggersi per colpa sua.
Chiamavano questa idea corgot che nella loro lingua significa “veleno dei pensieri”. Noi la chiamavamo “scrittura”.
Ho un vago ricordo di me in una stanza con altri bambini mentre venivamo infettati tutti insieme. Imparavamo a scrivere su strani libri bianchi, quaderni come quello che ho trovato in questa casa.
9 gennaio
Scrivere dovrebbe portare la mia mente al baratro,
dovrebbe rendermi violento, asociale, paranoico. Forse ci vorrà più tempo ma per ora non mi sento così. Sospetto che Mario avesse ragione quando diceva che non era per il corgot che i Gloop ci avevano portato via la scrittura. Ma forse è solo il primo indizio della paranoia.
10 gennaio
Questa vecchia casa nasconde delle sorprese. Fogli di carta pieni di disegni proibiti. I disegni sono l’anticamera della scrittura.
Avrei dovuto portarli ad un supervisore immediatamente per farli distruggere. Del resto avrei anche dovuto consegnare la matita e i quaderni.
I disegni sembrano i deliri di un folle, sono rozzi troppo colorati e deformi. Sul primo ci sono quattro figure, credo persone, due grandi e due piccole. Hanno teste enormi e arti filiformi. Sopra di loro c’è una scritta in tre colori “LA MIA FAMIIA”.
Non ho idea di che cosa sia ma lo trovo inquietante..
11 gennaio
Mario diceva che era strano che fosse vietato scrivere ma non leggere, diceva che le due cose non possono essere slegate l’una dall’altra. I psicoplasmatori Gloop spiegano che leggere è un processo mentale passivo e anche se coinvolge il corgot non ne permette la sua crescita. A piccole dosi. Comincio a pensare anche io che la spiegazione debba essere un’altra.
14 gennaio
Oggi è passato il controllore urbano Arionos. Ho sentito i cigolii della sua uniforme metallica mentre saliva le scale dell’appartamento che sto restaurando. Sono riuscito appena in tempo a mettere l’album, il quaderno e la matita nell’intercapedine. Mi sono fatto trovare in ginocchio, come si conviene, e ho ascoltato silenzioso il consueto sul privilegio di lavorare al recupero della mia civiltà. Ha detto che nella zona si sono fatti enormi progressi e che visto l’ottimo stato di salute mentale dei lavoratori era stato autorizzato a proporre il pagamento delle ultime due settimane in forma alternativa: un libro. Avrei fatto la fame per un po’ ma avevo sentito di Kafka, era stato un autore Gloop famoso a suo tempo. Ho accettato il pagamento alternativo.
18 gennaio
Ho finito di leggere “La metamorfosi”. Mi ha lasciato una strana sensazione e non ho capito cosa ci fosse di sconvolgente per un gloop nel trasformarsi in uno scarafaggio gigante. A parte la corazza metallica non sono sicuro che io noterei la differenza.
Cioè, capirei se fossi io a trasformarmi in uno scarafaggio ma un Gloop?
25 gennaio
Ho trascritto il mio audiodiario sul quaderno. Ho dovuto fare molti cambiamenti. E’ impossibile trascriverne il contenuto senza doverlo adattare alla forma scritta. Scrivere e parlare sono decisamente due cose diverse. Come dicono i Gloop.
Ho il polso dolorante, è stato faticosissimo e ho consumato quasi tutta la matita.
26 gennaio
Ho riletto quello che ho scritto. Non mi sento insano di mente. Ma un pazzo saprebbe di esserlo? Qualcosa di vero deve esserci perché ho paura. Ho paura di essere scoperto, paura di impazzire, paura che l’oscurità mi raggiunga. Ho guardato l’abisso e, come disse lo psicoplasmatore Gloop Nietzsche, anche l’abisso ha guardato in me.
1 febbraio
Disinfestazione mensile. In tv hanno trasmesso la solita diretta delle esecuzioni dei writers. Pericolosi criminale che tentano di avvelenare le menti umane con scritte sui muri. Comincio a pensare che la definizione di terrorista sia un po’ troppo estesa. Erano una decina, spintonati fino sotto una nave Gloop. Le guardie corazzate hanno allontanato la folla urlante fino ad un centinaio di metri di distanza mentre la telecamera zoomava sui volti dei writers. Per la prima volta non mi è sembrato di vedere dei pazzi, la luce nei loro occhi non era follia o rabbia. C’era una qualche consapevolezza che non riesco ancora ad afferrare. L’inquadratura è passata sui loro volti mentre l’annunciatore Gloop elencava reati che non ho ascoltato. Mario ha sorriso, guardava dritto nella telecamera. Ha fatto un cenno di saluto. Ho avuto un sussulto quando i motori dell’astronave si sono accesi vaporizzando Mario, il suo sorriso e tutti gli altri terroristi.
2 febbraio
Quando sono tornato a casa ho dovuto spegnere la tv. Avevo un accenno di mal di testa e le voci Gloop del telegiornale mi sembravano delle lame nelle orecchie. Non credo di aver mai spento la tv prima d’ora. In effetti non l’ho proprio spenta, questi affari non hanno pulsanti. Ho dovuto staccare la spina.
Mi sono sdraiato sul divano. Dalle pareti arrivano i suoni attutiti delle tv dei vicini. Ho chiuso gli occhi e un istante dopo il telefono squilla. Era servizio clienti della tv di stato. Una voce femminile mi ha detto che il mio televisore non risulta più collegato alla rete e mi ha chiesto se ci fosse qualche problema. Ho esitato, non me l’aspettavo. Ho risposto che sono inciampato nella spina mentre facevo pulizia. Perché non l’ho riattaccata subito? Perché volevo prima finire. No, non ho bisogno di un tecnico. La ricollego ora. Fatto. Tutto a posto?
La signorina del servizio clienti mi sembrava dubbiosa.
3 febbraio
Il supervisore mi ha detto che sto facendo un buon lavoro e mi ha premiato con un piccolo tv da tenere con me mentre restauro l’ultimo appartamento del palazzo. Mario puliva gli scarichi delle fogne. Aveva un piccolo tv da polso. Un premio produzione.
Questa paura, vedo complotti, schemi che sono sicuro non possono esserci. Dubbi che non dovrei avere.
Questo è il corgot. Deve esserlo.
4 febbraio
Tengo la tv al lavoro a volume alto ma sempre in un’altra stanza rispetto a quella in cui lavoro. E scrivo. Ho smesso di registrare, preferisco scrivere e più lo faccio più quello che ascolto in tv mi sembra vuoto e senza senso. Tutte quelle immagini che si accavallano senza sosta sullo schermo non hanno alcun legame con le voci che le accompagnano. Ho fatto un esperimento. Non posso azzerare il volume senza che se ne accorgano, ne sono sicuro, e allora ho provato con dei tappi.
E’ assurdo. Senza il suono della tv diventa evidente, tutto cambia. Guardavo il telegiornale, la solita solfa sul pericolo del corgot, i soliti servizi sul recupero delle città, le solite passerelle di politici umani e Gloop. Ho messi i tappi, silenzio assoluto, sullo schermo solo una nebbia grigia. Li ho tolti e la trasmissione è tornata normale, rassicurante e rilassante telegiornale. Il suono, la trasmissione che ci accompagna ogni ora del giorno e della notte. A casa, nei negozi, nelle strade. C’è sempre.
6 febbraio
Sto cercando di non farmi notare, di lavorare come sempre. Per fortuna a parte il supervisore ogni tanto non devo aver a che fare con colleghi o altre persone. Però sono sicuro che sospettino qualcosa: a volte il volume della tv di casa e del lavoro cambiano all’improvviso. Sono sicuro sia un test o qualcosa del genere. Non lo so. L’ultima volta me ne sono accorto solo quando ho tolto i tappi, non riesco a scrivere col suono della tv, mi deconcentra. Forse dovrei bruciare tutto, forse sono ancora in tempo a tornare indietro, alla mia vita senza paure.
7 febbraio
Sono stato fortunato. Oggi ho portato a casa il quaderno e la matita e gli inquisitori Gloop non hanno trovato nulla nella casa in restauro. Hanno perquisito tutto il cantiere! Domani non andrò al lavoro, devo scappare. Ormai sono sicuro che sappiano tutto.
8 9 febbraio (credo)
Sono venuti di notte. Quattro inquisitori Gloop nelle loro armature bianche e una squadra di celerini. Hanno sfondato la porta, il rumore mi ha svegliato ma non ho avuto nemmeno il tempo di alzarmi dal letto. Mi sono arrivati addosso con manganelli e calci. Mi sono risvegliato qui, in questa cella di cemento spoglia. Per qualche motivo mi hanno lasciato il quaderno e la matita. C’è silenzio qui, ovunque sia questo “qui”.
10 febbraio
Non capisco perché mi tengano qui. Perché mi hanno lasciato il quaderno e la matita? Perché sono ancora vivo?
11 febbraio
Oggi il vassoio col cibo non è arrivato da sotto la porta, l’ha portato un Gloop.
Non ho riconosciuto il suo rango, la sua armatura non è quella bruna dei supervisori o quella verde dei psicoplasmatori ne quella bianca degli inquisitori. È blu, blu elettrico. Mi ha detto di mangiare in fretta e di prendere quaderno e matita. Siamo usciti dalla cella in un corridoio che sembra allungarsi all’infinito. Davanti e dietro di noi altre centinaia di porte identiche alla mia. Il Gloop ha detto di scrivere tranquillamente mentre camminiamo perché anche le ultime parole hanno un valore. Le ultime parole. Ho capito che non avrei scritto nulla con data 12 febbraio. Gli ho detto che non capivo e lui mi ha chiesto secondo me quale fosse il motivo per il quale i Gloop ci avessero invaso. Proprio così, non aiutati o soccorsi ma invasi. Il puzzle che si sta componendo nella mia mente non ha senso. Ci può essere un solo motivo per invadere una civiltà molto più primitiva della propria: risorse naturali. Ha riso, o almeno ha fatto una imitazione di risata. Giustamente, cosa se ne fa delle risorse di un singolo pianeta una razza che ha accesso all’universo.
Siamo usciti. Il tunnel è sbucato al centro dello spazioporto. Siamo sotto una delle navi Gloop. Vedo, decine di metri sopra di me, gli scarichi dei motori. Il Gloop con l’armatura blu mi spiega perché mi ha lasciato il quaderno e vorrei non averlo mai trovato. Una civiltà in grado di viaggiare nello spazio non avrà mai problemi di risorse materiali, ma con i millenni una cosa continuerà ad essere sempre più scarsa e non rinnovabile: le idee originali. Con tempo tutte le storie possibili saranno state raccontate e non rimarrà nulla a stimolare creatività e voglia di vivere. La civiltà collassa, più o meno lentamente, e scompare. I Gloop hanno risolto. I loro editor in armatura ci hanno trovato e come hanno fatto altrove in passato ci hanno invaso. Hanno saccheggiato la nostra cultura e falsificato la nostra storia mentre ci aiutavano a recuperare da una immaginaria guerra civile. Il quaderno me lo ha fatto tenere proprio perché scrivessi queste cose dal mio punto di vista, andrà a finire nel mucchio di contenuti originali da vendere a Gloop e altre razze evolute. I motori sopra di me si stanno scaldando e l’editor Gloop vuole il quaderno. Adesso devono far solo salire un po’ il valore del bottino e si sa che un autore morto frutta e vende molto di più di uno vivo. Non parlo solo di me, parlo della Terra. Il Gloop mi chiede di nuovo il quaderno.
Ecco l’ho letto, finalmente completo visto che io ero presente solo fino al 26 gennaio. Confermo sia che non stai niente bene sia che sei il mio scrittore preferito! :*