Il sole basso tinge di rosso le macerie e la trincea che taglia la Colombo all’altezza della Fiera di Roma. Nella…
Categoria: Altri mondi
Le pareti panna, il pavimento grigio a pannelli, le scrivanie in finto legno con vecchi monitor CRT, le finestre bloccate con…
La cosa che più gli dava la nausea era che al concerto dei Rotting Skulls ce l’aveva portata lui. “Dai hanno fatto anche da gruppo spalla dei Metallica. Spaccano.” le aveva detto. Fanculo. L’aveva trovata al bagno del locale durante una pausa che lo succhiava al batterista.
Il parco, buio, sembrava un buco nero scavato tra i palazzi. Verso il centro si vedevano gli intermittenti bagliori rossi di sigarette, o canne, che passavano di mano in mano e arrivavano le note smorzate di qualcuno che suonava. Aspettò che gli occhi si abituassero e individuò una panchina.
Scaldò un po’ di fumo sul palmo della mano con l’accendino e lo sbriciolò. Allungò la mano destra e si rese conto che nessuno gli avrebbe passato il tabacco da mischiare. Sara lo faceva sempre. Non c’era bisogno di chiedere o mettersi d’accordo. Era scontato, lui rollava e lei gli passava tutto. Tabacco, filtro e cartina. Una cosa piccola, ma erano le cose piccole, le tantissime cose piccole che Sara faceva che gli avevano riempito la vita.
Fosse stato il cantante almeno. Invece era il batterista quel coso basso e tutto storto. Girava voce che la vera mente del gruppo fosse lui ma non pensava che nei pochi minuti tra quando la folla li aveva separati e quando l’aveva trovata in ginocchio al bagno degli uomini potessero aver parlato molto.
Riuscì con una sola mano a strappare un biglietto dell’autobus e farne un filtro. Il caldo, il buio e le tre birre che si era scolato una dietro l’altra lo avevano reso goffo; quello che si ritrovò in mano era un piccolo salsicciotto di carta e tabacco. L’accese e aspirò la prima boccata. La musica che sentiva venire dal centro del parco era cambiata, adesso sembrava roba sudamericana. Si sdraiò sulla panchina con lo zaino come cuscino. Il fumo disegnava delle lame azzurrine quando incrociava la luce lunare che filtrava tra gli alberi.
«Vedi quanto corrono?» «Sì, lo vedo.» risposi accendendomi una sigaretta mentre i fari disegnavano strisce luminose nei miei occhi. Mi prese la…
Non ricordo bene come noi tre arrivammo all’appartamento. Successe un paio di settimane fa. Vagavamo col gommone tra i palazzi semi…
Claudio salutò il direttore del personale con malcelata delusione. Il colloquio era andato molto male. L’annuncio era per un amministratore di sistema con anni di esperienza, mentre in realtà quello che cercavano era qualcuno per cambiare le cartucce alle stampanti e aiutare degli incapaci che usavano il lettore cd come portatazza. Oltretutto con un contratto a progetto di tre mesi.
«Mi dispiace signor Fabretti, ma lei è davvero troppo qualificato per noi e questa è l’unica offerta che possiamo farle.» gli aveva detto l’esaminatore.
Claudio ci aveva pensato alcuni secondi prima di rispondere «Ma scusi non lo avevate dedotto dal curriculum? Perché avete comunque voluto il colloquio?» questo lavoro non l’avrebbe accettato, era da disperati «Abbiamo perso entrambi ore preziose non crede?»
Quartiere periferico di Roma, il sole è tramontato da qualche ora.
La strada deserta è illuminata solo dalla luna piena. Da un balcone, al primo piano di una palazzina immersa nel buio del blackout, si diffonde l’odore del tabacco da pipa e una voce.
«No. Non la chiamo mamma, già è un miracolo riuscire ad avere abbastanza corrente dal generatore per il ripetitore sul palazzo. Non mi va di usare la benzina solo per passare due ore a sentire storie di gatti fantasma e di luci sul mare.»
Avevo sempre trovato un po’ strano sentire tutte le mattine la credenza della nonna pregare. Ma avevo sempre attribuito la cosa ai miei psicofarmaci, anche la dottoressa era di questo avviso. Almeno fino a quella volta che avevamo dormito insieme. La trovai in ginocchio a sgranare un rosario davanti alla credenza mentre tutte e due macinavano un ave Maria dopo l’altra.
Era morto soffocato. Lo spuntino di mezzanotte a base di olive piccanti gli era stato fatale. Aveva aspettato che il resto…
Innocuo…
Davvero mi considerano innocuo. Poveri colleghi. Ex colleghi. Qualcuna mi ha pure chiamato simpatico orsacchiotto, stupida.
Non so se ce la faccio a trattenere le risate pure oggi. Ma ho un lavoro da fare, il mio vero lavoro. Ho passato due mesi a fare finta di lavorare, meno male che oggi dò le dimissioni.