Una forchetta. Perché no? Una forchetta sarebbe stata perfetta. La prima persona a suicidarsi a forchettate. La giusta fusione tra ridicolo e tragico. Quelli del talent show ne sarebbero stati entusiasti e il pubblico era sicuramente stanco di gente fulminata, di voli sull’asfalto, di lamette e pistole.
Dissi al barista di versarmi un’altra pinta e rilessi i moduli d’iscrizione. Una semplice liberatoria e avrei esaudito i miei due unici desideri: porre fine alla mia vita in maniera spettacolare e tirare un colpo basso alle iene con le quali condividevo una frazione significativa di geni. Sì perché avevo intenzione di donare il compenso del programma alla causa più inutile e ridicola che riuscissi a trovare. Ne avevo valutate molte e ormai la scelta era tra il finanziare un generatore orgonico anti scie chimiche alle isole Svalbard o il Centro di Rieducazione Vegana per Leoni in Kenya. Uno valeva l’altro ma quello che contava era che il milione di euro per il mio suicidio non arrivasse mai alla mia famiglia.