Certo che a volte faccio strani sogni. Plasma Fa ancora caldo. Ma non più così come pochi istanti fa. C’è più spazio…
Storie di Ghainar Posts
Un racconto d’amore per san Valentino tra raggi gamma e lattice. Amore verde Avevo paura che lei potesse dirmi qualcosa tipo “No…
cinque incipit crudeli Ok non sono incipit, sono micro storie. Però sono crudeli. Molto crudeli. 1 Mattino ha loro in bocca.…
L’ho quasi perso di vista il panzone vestito di rosso. Lo seguo ormai da un’ora mentre vaga tra un secchione…
Vorrei dirtelo di Federico Maiorini Vorrei dirtelo che mi hai ammazzata, che l’ultimo pugno mi ha rotto qualcosa dentro, non…
Questo non è un racconto, solo un animale inventato. Magari col tempo ne arriveranno altri fino a fare un vero animalario strano.…
Il furbone alza la testa. Franco mi aveva avvertito che ci sarebbe stato. C’è sempre un furbone, in tutte le…
Ammetto che non è un racconto particolarmente riuscito, troppo autoreferenziale, penso però che sia comunque divertente.
La penna
di Federico MaioriniL’alba cominciava a schiarire la stanza, se ne stava a gambe incrociate sul divano da ore, il quaderno in una mano e una penna nell’altra. Lo sguardo fisso sui quadretti vuoti del foglio. Ogni tanto la punta della penna toccava il foglio, tracciava l’abbozzo di una lettera, un pezzo di A, un frammento di ovale di una O o forse di una U. Sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare, solo che non aveva idea di come farla. Quando gli avevano assegnato l’esercizio di quella settimana si era sentito tranquillo, far parlare un oggetto – che ci vuole? – aveva pensato. E in effetti le idee non erano mancate, un esercito di gormiti che assedia il giganotosauro in scala, l’urna della nonna che da consigli sentimentali, un astronave bipolare e il suo pilota. Però tutto quello che gli veniva in mente si evolveva in una storia senza mordente, banale o addirittura già scritta. Così un’ora dopo l’altra aveva riempito pagine di scarabocchi, cancellazioni, pure qualche incipit niente male ma di nessuna storia, neanche abbozzata, c’era traccia.
– Basta. Rinuncio.
Qualcosa che gratta
di Federico MaioriniQuel tintinnio metallico lo conosceva bene. La stupida coppetta era caduta di nuovo.
Forse l’umidità, forse il vento che sentiva incanalarsi nelle pareti cave. Il risultato era che il mozzicone di tubo che sporgeva vicino al lavabo era sempre scoperto. Nonostante questa volta ci avesse messo anche il silicone.
Andò in bagno, la coppetta se ne stava penzolante da dei filamenti di silicone che la tenevano come liane di muco. Quel tubo rugginoso gli faceva schifo e se l’idraulico non fosse stato un totale idiota incompetente l’avrebbe tagliato, invece ci aveva solo avvitato sopra quella stupida coppetta d’acciaio.
Avevo sempre trovato un po’ strano sentire tutte le mattine la credenza della nonna pregare. Ma avevo sempre attribuito la cosa ai miei psicofarmaci, anche la dottoressa era di questo avviso. Almeno fino a quella volta che avevamo dormito insieme. La trovai in ginocchio a sgranare un rosario davanti alla credenza mentre tutte e due macinavano un ave Maria dopo l’altra.
Come direbbe il Dottore "Monsters are real"
Era morto soffocato. Lo spuntino di mezzanotte a base di olive piccanti gli era stato fatale. Aveva aspettato che il resto…
Innocuo…
Davvero mi considerano innocuo. Poveri colleghi. Ex colleghi. Qualcuna mi ha pure chiamato simpatico orsacchiotto, stupida.
Non so se ce la faccio a trattenere le risate pure oggi. Ma ho un lavoro da fare, il mio vero lavoro. Ho passato due mesi a fare finta di lavorare, meno male che oggi dò le dimissioni.