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Febbraio 18, 2014 / Racconti

Mi tirai su il bave­ro del giac­co­ne per ripa­rar­mi dall’umida alba di Casal Paloc­co, men­tre osser­va­vo dal giar­di­no i due cada­ve­ri raf­fred­dar­si sul nostro diva­no. Il gas ave­va fun­zio­na­to rego­lar­men­te. Anche se non era­no real­men­te loro, anche se non era­no altro che copie, vede­re i vol­ti dei pro­pri cari mor­ti tut­te le mat­ti­ne è sem­pre una cosa che scuo­te den­tro. Non mi ci abi­tue­rò mai.

Mia moglie e mio figlio tor­na­ro­no dal gara­ge con i tre sac­chi per cada­ve­ri col logo del comu­ne. La leg­ge era chia­ra «Ogni cit­ta­di­no è per­so­nal­men­te respon­sa­bi­le del cor­ret­to smal­ti­men­to dei pro­pri simulacri».

Feci par­ti­re l’impianto di ven­ti­la­zio­ne col tele­co­man­do e dopo un paio di minu­ti entram­mo. L’impianto Ziklon era costa­to parec­chio ma con­si­de­ran­do l’alternativa era val­so ogni euro spe­so. Non è pia­ce­vo­le eli­mi­na­re le copie e dover­lo fare di per­so­na può esse­re trau­ma­ti­co. L’ingegner Mone­ta, il nostro vici­no, non ha mai volu­to un impian­to Ziklon e dopo un paio d’anni di smal­ti­men­ti sua moglie non ha ret­to più. Gra­ve esau­ri­men­to ner­vo­so, è diven­ta­ta pra­ti­ca­men­te catatonica.

«Papà il tuo non c’è» dis­se Mar­co dall’interno del­la casa. L’adolescenza gli sta­va cam­bian­do la voce e gli sta­va facen­do cre­sce­re una scu­ra pelu­ria sot­to il naso, la sua copia ne era anco­ra priva.

«Cer­ca in came­ra da let­to» rispo­si «anche sot­to il let­to». Un paio di vol­te l’avevo tro­va­ta lì.