La not­te del­la giraffa

Quar­tie­re peri­fe­ri­co di Roma, il sole è tra­mon­ta­to da qual­che ora.

La stra­da deser­ta è illu­mi­na­ta solo dal­la luna pie­na. Da un bal­co­ne, al pri­mo pia­no di una palaz­zi­na immer­sa nel buio del blac­kout, si dif­fon­de l’odore del tabac­co da pipa e una voce.

«No. Non la chia­mo mam­ma, già è un mira­co­lo riu­sci­re ad ave­re abba­stan­za cor­ren­te dal gene­ra­to­re per il ripe­ti­to­re sul palaz­zo. Non mi va di usa­re la ben­zi­na solo per pas­sa­re due ore a sen­ti­re sto­rie di gat­ti fan­ta­sma e di luci sul mare.»

Paro­le indi­stin­te esco­no dal telefonino.

«Lo so che è sola. Sia­mo tut­ti soli ma fin­ché rima­ne in casa è al sicu­ro. Doma­ni vado con altri due tizi del palaz­zo, pare abbia­no tro­va­to un distri­bu­to­re con del die­sel nel­le cister­ne. Se ne tro­vo abba­stan­za la vado a pren­de­re e la por­to da me.»

Altre paro­le.

«Che si fot­ta­no i gat­ti! Che caz­zo me ne fre­ga dei gat­ti e poi se li por­tas­si qui fini­reb­be­ro come esca per i sal­ta­to­ri. A pro­po­si­to ne arri­va uno…torno subito»

L’uomo che fuma la pipa met­te il tele­fo­ni­no in tasca e comin­cia a gira­re la mano­vel­la di una tor­cia elet­tri­ca a dina­mo. Lam­peg­gia un paio di vol­te ver­so gli altri palaz­zi dai qua­li rispon­do­no altri lampeggii.

Dal­la stra­da ton­fi pesan­ti si fan­no sem­pre più vici­ni. L’uomo apre un arma­diet­to di pla­sti­ca bian­ca e ne estrae un fuci­le mili­ta­re mol­to ingombrante.

I ton­fi si fan­no sem­pre più vici­ni e for­ti. Fot­tu­to sal­ta­to­re, dal rumo­re sarà alme­no di quat­tro metri meglio pren­de­re quel­li al C4, pen­sa men­tre inse­ri­sce un cari­ca­to­re di pro­iet­ti­li esplosivi.

L’uomo met­te le dita su gros­so inter­rut­to­re e atten­de. La stra­da è immer­sa nel­le tene­bre, il rumo­re del sal­ta­to­re è vici­nis­si­mo. I ton­fi cam­bia­no suo­no quan­do il sal­ta­to­re arri­va sul­la ghia­ia che gli abi­tan­ti ave­va­no spar­so in quel trat­to di stra­da. E’ quel­lo che l’uomo sta­va aspet­tan­do. Fa scat­ta­re l’interruttore.

I fari alo­ge­ni sui palaz­zi si accen­do­no uno alla vol­ta inon­dan­do la stra­da e can­cel­lan­do ogni ombra. La sago­ma scu­ra, simi­le ad un enor­me rospo, del sal­ta­to­re bar­col­la sul­la ghia­ia con­fu­sa dal­la luce. La crea­tu­ra è gran­de come una pic­co­la uti­li­ta­ria. Alla luce dei fari la pel­le del sal­ta­to­re si ani­ma come fos­se com­po­sta di neri ver­mi in movi­men­to. L’occhio prin­ci­pa­le, un bul­bo argen­teo al cen­tro del­la testa si ser­ra e tra il bru­li­chio del­la schie­na emer­go­no mol­ti occhi sfac­cet­ta­ti dai rifles­si iridescenti.

Dai bal­co­ni e dal­le fine­stre dei palaz­zi si affac­cia­no le can­ne dei fuci­li. L’uomo atten­de qual­che secon­do poi quan­do pen­sa sia­no tut­ti pron­ti spa­ra il pri­mo col­po. Il pro­iet­ti­le fa esplo­de­re una del­le zam­pe poste­rio­ri del sal­ta­to­re. La crea­tu­ra cade sen­za un lamen­to. I pez­zi del­la zam­pa comin­cia­no a stri­scia­re ver­so il corpo.

Dagli altri palaz­zi par­to­no con­ti­nue raf­fi­che e col­pi. La crea­tu­ra sus­sul­ta, gli occhi sfac­cet­ta­ti esplo­do­no spar­gen­do liqui­di sul­la ghia­ia. L’uomo spa­ra altri due col­pi esplo­si­vi. Il secon­do cen­tra il gros­so occhio cen­tra­le che schiz­za tut­to intor­no goc­ce argen­tee che sem­bra­no di mer­cu­rio. Fa lam­peg­gia­re di nuo­vo la tor­cia. Dai palaz­zi davan­ti dan­no il segna­le di rice­vu­to e gli spa­ri ces­sa­no. Si chi­na e rac­co­glie dall’angolo del bal­co­ne una bot­ti­glia dal­la qua­le spun­ta uno strac­cio. Atten­de qual­che momen­to che il fumo del­la bat­ta­glia si dira­di un po’, poi accen­de lo strac­cio e lan­cia la bot­ti­glia in strada.

Sul cor­po mar­to­ria­to si infran­ge la molo­tov. L’uomo spe­gne le luci e ad illu­mi­na­re la stra­da riman­go­no solo le fiam­me che bru­cia­no ciò che rima­ne del saltatore.

L’uomo smon­ta meti­co­lo­sa­men­te il fuci­le, lo puli­sce con cal­ma. Olia le par­ti che van­no olia­te, lo rimon­ta, fa scat­ta­re l’otturatore un paio di vol­te e lo rimet­te nell’armadietto. Puli­sce e riem­pie di nuo­vo la sua pipa. La accen­de e ripren­de il cel­lu­la­re. Guar­da le fiam­me aran­cio­ni spe­gner­si e com­po­ne un numero.

«Pron­to? Sono io. Abbia­mo appe­na bec­ca­to uno di quel­li grossi.»

«Già…qui non se ne vede­va­no da un paio di set­ti­ma­ne e da voi?»

Dal­la stra­da arri­va un rumo­re stra­no, non i ton­fi sor­di di un sal­ta­to­re. Qualcos’altro. All’uomo sem­bra il rumo­re degli zoc­co­li di un ani­ma­le. For­se di un cavallo.

Inter­rom­pe l’interlocutore «Aspet­ta in linea sta arri­van­do qualcosa.»

L’uomo posa la pipa e ripren­de il fuci­le dall’armadio. Quan­do si vol­ta incro­cia lo sguar­do con un occhio scu­ro, dal­le ciglia lun­ghis­si­me. Qua­si cade all’indietro dal­lo spa­ven­to quan­do la testa pez­za­ta del­la giraf­fa si vol­ta per guar­dar­lo meglio.

E’ così vici­na che potreb­be toc­car­la. L’uomo allun­ga la mano. Sen­te il mor­bi­do pelo dei ciuf­fi su uno dei cor­ni del­la giraffa.

L’animale annu­sa per un atti­mo l’aria e poi si allon­ta­na con cal­ma. Nei palaz­zi vici­ni anche le altre sen­ti­nel­le guar­da­no sor­pre­se e affa­sci­na­te l’incongrua appa­ri­zio­ne men­tre la giraf­fa aggi­ra i resti bru­cia­ti del sal­ta­to­re e tran­quil­la si allon­ta­na scom­pa­ren­do nel buio.

L’uomo ripren­de il telefono.

«Non ci cre­de­rai mai. E’ appe­na pas­sa­ta una giraffa.»

«Te lo giu­ro! Non capi­sco come caz­zo sia pos­si­bi­le. Sarà scap­pa­ta da qual­che zoo.»

«Lo so che non è pos­si­bi­le che sia sopravvissuta.»

«Vaf­fan­cu­lo. L’hanno vista anche dagli altri palazzi.»

«Ok hai ragio­ne, non è impor­tan­te. Per mam­ma non ti pre­oc­cu­pa­re, la vado a pren­de­re io domani.»

«Sta arri­van­do il cam­bio, vado a dormire»

«Buo­na­not­te anche a te.»

L’uomo rimet­te il tele­fo­no in tasca. Svuo­ta la pipa, la puli­sce e la lascia sul tavo­lo. Scam­bia un cen­no di salu­to con la don­na venu­ta a dar­gli il cam­bio e rien­tra per dor­mi­re. Doma­ni dovrà con­vin­ce­re sua madre a lascia­re i suoi gat­ti e la sua casa trop­po iso­la­ta, sarà una gior­na­ta dura. Ma non gli sem­bra più tan­to importante.

2 Comments

  1. Ulisse
    Febbraio 3, 2011
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    Rac­con­to mol­to bello.
    Scrit­to bene, veloce.…e mi incu­rio­si­sce molto.…sembra l’i­ni­zio di qualcosa.
    Quan­do potre­mo sco­pri­re di più su cosa si cela nell’oscurità?

  2. Federico Maiorini
    Febbraio 4, 2011
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    Gra­zie del com­men­to Ulis­se. Quel­lo che si cela nel­l’o­scu­ri­tà? Non lo so’, non sono anda­to a vedere.

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