Una micro storia per questo concorso (terminato) della Scuola Omero CONCORSO HAROLD E MAUDE – COPPIE FANTAREALI . L’amavo, anche se così…
Storie di Ghainar Posts
«Vedi quanto corrono?» «Sì, lo vedo.» risposi accendendomi una sigaretta mentre i fari disegnavano strisce luminose nei miei occhi. Mi prese la…
Una microstoria di qualche tempo fa realizzata per un concorso. Ernesto ed Evaristo erano gemelli. Erano anche due coglioni. Non…
Mi tirai su il bavero del giaccone per ripararmi dall’umida alba di Casal Palocco, mentre osservavo dal giardino i due cadaveri raffreddarsi sul nostro divano. Il gas aveva funzionato regolarmente. Anche se non erano realmente loro, anche se non erano altro che copie, vedere i volti dei propri cari morti tutte le mattine è sempre una cosa che scuote dentro. Non mi ci abituerò mai.
Mia moglie e mio figlio tornarono dal garage con i tre sacchi per cadaveri col logo del comune. La legge era chiara «Ogni cittadino è personalmente responsabile del corretto smaltimento dei propri simulacri».
Feci partire l’impianto di ventilazione col telecomando e dopo un paio di minuti entrammo. L’impianto Ziklon era costato parecchio ma considerando l’alternativa era valso ogni euro speso. Non è piacevole eliminare le copie e doverlo fare di persona può essere traumatico. L’ingegner Moneta, il nostro vicino, non ha mai voluto un impianto Ziklon e dopo un paio d’anni di smaltimenti sua moglie non ha retto più. Grave esaurimento nervoso, è diventata praticamente catatonica.
«Papà il tuo non c’è» disse Marco dall’interno della casa. L’adolescenza gli stava cambiando la voce e gli stava facendo crescere una scura peluria sotto il naso, la sua copia ne era ancora priva.
«Cerca in camera da letto» risposi «anche sotto il letto». Un paio di volte l’avevo trovata lì.
Quello che Darwin per delicatezza non ha voluto dire, amici miei, è che se siamo diventati i padroni del mondo non è stato…
«È un’affermazione un po’ categorica, amico, fa’ attenzione a quel che dici. I morti stanno sempre a guardare». «Ma cosa vuoi che guardino…
Non ricordo bene come noi tre arrivammo all’appartamento. Successe un paio di settimane fa. Vagavamo col gommone tra i palazzi semi…
Claudio salutò il direttore del personale con malcelata delusione. Il colloquio era andato molto male. L’annuncio era per un amministratore di sistema con anni di esperienza, mentre in realtà quello che cercavano era qualcuno per cambiare le cartucce alle stampanti e aiutare degli incapaci che usavano il lettore cd come portatazza. Oltretutto con un contratto a progetto di tre mesi.
«Mi dispiace signor Fabretti, ma lei è davvero troppo qualificato per noi e questa è l’unica offerta che possiamo farle.» gli aveva detto l’esaminatore.
Claudio ci aveva pensato alcuni secondi prima di rispondere «Ma scusi non lo avevate dedotto dal curriculum? Perché avete comunque voluto il colloquio?» questo lavoro non l’avrebbe accettato, era da disperati «Abbiamo perso entrambi ore preziose non crede?»
Quartiere periferico di Roma, il sole è tramontato da qualche ora.
La strada deserta è illuminata solo dalla luna piena. Da un balcone, al primo piano di una palazzina immersa nel buio del blackout, si diffonde l’odore del tabacco da pipa e una voce.
«No. Non la chiamo mamma, già è un miracolo riuscire ad avere abbastanza corrente dal generatore per il ripetitore sul palazzo. Non mi va di usare la benzina solo per passare due ore a sentire storie di gatti fantasma e di luci sul mare.»
Lo spazzolino elettrico mi fa vibrare tutta la testa e forse è per quello che non ci faccio subito caso. Appena la…
Si alzò da fondo del teatro. Lo percorse tutto mentre il pubblico ammutoliva. Salì sul palco. Prese la statuetta e il…
Zeno era preparato, quasi a tutto. Il mestiere del cane guida è duro ma i suoi addestratori erano stati bravi. E a lui erano…
L’erba del parco è umida sotto i piedi di Marco. Papà gli aveva detto di tenere le scarpe ma la terra morbida…
Guardai il numeretto che avevo in mano: sportello 15334 numero 12.
Arrivare al Ministero delle Certificazioni all’alba non era servito, davanti a me c’era un vecchio col cappello da alpino e una cartellina gonfia fino a scoppiare di fogli, documenti, certificati. Curvo sul bastone si stava avvicinando allo sportello. Se non aveva portato l’autocertificazione c’era il rischio che rimanesse allo sportello per chissà quanto.
Osservai la cartellina che aveva sottobraccio, allungai la mano e col dito spinsi appena al centro dei fogli. Bastò. Si riversarono fuori svolazzando davanti al vecchio. Mentre si chinava svicolai in avanti e mi piazzai allo sportello. Scoprii che avevo guadagnato ben poco tempo.
“Deve portarmi il modulo A–38”